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Presentazione

Manifestazione 'liberi di fare'

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017


Manifestazione 'liberi di fare'

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017


Manifestazione 'liberi di fare'

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017

Manifestazione 'liberi di fare' in piazza della Repubblica a Firenze il 3 novembre 2017


Intervento alla tavola rotonda nell'ambito del convegno "La legge regionale toscana sui diritti delle persone con disabilità. Un’occasione mancata?", Scuola Superiore S.Anna - Pisa il 15 aprile 2019.

Luca Pampaloni – Associazione Vita Indipendente ONLUS della Toscana

 

 

Premessa.

  Noi non abbiamo affatto la pretesa di rappresentare tutti i disabili o la maggior parte.    Al tempo stesso, rivendichiamo le nostre competenze in tema di vita indipendente.    Si fa presente che, per redigere la Convenzione sui diritti dei disabili, l’ONU ha ritenuto di dover dare maggior rilievo al criterio delle competenze che a quello della rappresentatività”.

  Perciò, considerato che la nostra Associazione esiste e opera da oltre 25 anni ed ha come oggetto principale la vita indipendente dei disabili, si ritiene indispensabile riportare subito le due definizioni seguenti così come sono state elaborate dal movimento per la vita indipendente.    Proprio questa paternità è la garanzia della correttezza e scientificità delle due definizioni, dalle quali nessuno può prescindere.

 

 

Due definizioni fondamentali.

 “Vita Indipendente”.

  Nel 1992, a Berlino, l’assemblea della Rete europea per la vita indipendente approvò una risoluzione in cui – tra l’altro – si metteva in guardia contro tutti i tentativi di spacciare per vita indipendente cose che non lo sono affatto.  Infatti, vita indipendente non è tanto una modalità di assistenza alla persona, ma significa autodeterminazione e autorganizzazione delle persone disabili.

  Il concetto di vita indipendente nasce come superamento del termine autonomia”.  Con quest’ultimo termine, fisiatri e fisioterapisti hanno sempre inteso far fare alla persona con disabilità, senza l'aiuto di altre persone, tutto ciò che a loro parere essa può fare da sola, anche quando gli sforzi sono tali da non consentirle poi di vivere pienamente una normale vita di relazione”.    In sostanza, pur con difficoltà, una persona riesce a vestirsi da sola; secondo fisiatri e fisioterapisti, deve farlo da sola, anche se ciò le costa uno sforzo tale da giungere già stanca al lavoro; con la vita indipendente, questa persona può ricorrere all'aiuto dell'assistente personale, se reputa più giusto conservare le sue energie per utilizzarle nel lavoro e nel tempo libero”.    Quindi, l’autonomia risolve i problemi a chi ha poche disabilità, mentre la vita indipendente è anche per chi ha disabilità consistenti.

  Le case famiglia e i piccoli istituti non hanno nulla a che vedere con la vita indipendente e costituiscono il tentativo di perpetuare il sistema di potere e profitti sulla pelle dei disabili.

 

Assistenza “personale”.

  L’Associazione Vita Indipendente della Toscana individuò subito l’assistenza personale autogestita dal singolo disabile come chiave principale della vita indipendente.

  L'assistenza personale consiste nella disponibilità di personale [pagato con soldi della collettività dati al singolo utente] per aiutare la singola persona disabile a compiere quelle operazioni che essa non può fare da sola, nemmeno tramite gli ausili tecnici.  […]  Si può parlare di assistenza personale soltanto se la persona [disabile] ha la possibilità di avere […]: la scelta del proprio assistente, la possibilità di scegliersi l'assistente più appropriato rispetto alle situazioni che di volta in volta si manifestano.”

  L’assistenza personale segue la persona e non si limita al domicilio.    Non dobbiamo mai confondere l’assistenza personale con quella domiciliare.

  Introducendo il termine badante riferito a chi presta assistenza, la legge Bossi Fini sulla immigrazione ha operato una pesantissima regressione culturale.

  Si richiama l’attenzione sul fatto che nella lingua italiana il verbo badare si riferisce prevalentemente alle bestie e non alle persone.  Tale semplice considerazione dovrebbe essere più che sufficiente a indurre noi disabili a rifiutare categoricamente il termine badante riferito a chi ci aiuta.

  Inoltre, l’introduzione del termine badante ha accentuato l’individuazione del lavoro di cura come lavoro per migranti e non per italiani.    Tutto ciò ha fatto sì che gli enti erogatori del contributo vita indipendente e la Regione si siano sentiti autorizzati a ritenere normale erogare cifre da fame per l’assistenza personale.   Ciò ha provocato l’impossibilità per i disabili di trovare e mantenere alle proprie dipendenze persone valide come assistenti personali.   Infatti, quando si tratta di far fare molte cose estremamente personali, avendo le persone migranti le loro culture e pregiudizi diversi dai nostri, è necessario un periodo di formazione molto più lungo che per gli italiani, e ciò può essere particolarmente difficile per chi ha gravi disabilità ed ha urgenza dell'assistenza personale.

 

 

Breve analisi della legge.

  Oltre alla legge vera e propria, l’esame comprende anche la relazione introduttiva.

  Nel primo paragrafo di essa, tra le fonti normative non è citato l’articolo 4 dello Statuto della Regione Toscana.    Tale articolo dello Statuto riporta le finalità prioritarieche la Regione si dà e – alla lettera e) – indica il diritto delle persone con disabilità e delle persone anziane ad interventi intesi a garantirne la vita indipendente e la cittadinanza attiva”.

  Nel secondo paragrafo della stessa relazione, tra le finalità è indicata l’autonomia ma manca del tutto la vita indipendente”.   Si richiama quanto scritto nella definizione di vita indipendente”.    L’autonomia può risolvere i problemi di chi ha poche disabilità, mentre la vita indipendente mira a risolvere i problemi di chi ha più disabilità.  Non menzionando quest’ultima soluzione, la Regione Toscana non solo va contro il suo stesso Statuto ma va anche contro l’articolo 3 comma 2 della Costituzione che impone di prestare più attenzione ai cittadini che hanno più difficoltà.

  All’art. 1, mentre il testo del febbraio 2015 collocava l'autodeterminazione delle persone con disabilità al primo posto tra i principi ispiratori, il nuovo testo la relega a mero fine da raggiungere.    Questo cambiamento è inaccettabile.    Inoltre, tra le finalità il testo attuale include attività che dovrebbero essere accessorie alla tutela dei diritti dei disabili.

  Al settimo paragrafo della prima pagina della relazione e all’art. 9 co. 1, la centralità della persona è riconosciuta solo attraverso il progetto di vita concepito in modo da non lasciare spazio alla autodeterminazione della persona.    Ciò contrasta con la Costituzione che attribuisce la centralità alla persona e non al progetto”.    Inoltre, questo articolo contrasta con la Costituzione anche perché discrimina le persone disabili rispetto agli altri cittadini che non hanno bisogno di elaborare il progetto di vita per esercitare le loro libertà.

  Sempre all’art. 9 co. 1, il testo attuale stabilisce: La Regione promuove la centralità del progetto della persona con disabilità nella procedura di presa in carico prevista dalla legge regionale 18 dicembre 2008, n. 66”.    Oltre a quanto detto appena sopra, si fa presente che promuovere è cosa diversa da garantire e riconoscere”.    Tutto ciò sa tanto di paternalismo, l’esatto contrario della democrazia.

  Nel terzo paragrafo della seconda pagina della relazione e alla lettera f) del comma 4 articolo 9, oltre a ribadire la centralità del progetto – cosa ben diversa in realtà dalla centralità della persona – si garantisce la permanenza, ove possibile, della persona con disabilità anziana nell’ambiente in cui vive”.   Si richiama l’attenzione sull’inciso ove possibile, che sta a significare di fatto che non si garantisce affatto la permanenza nella propria abitazione della persona disabile anziana.

  Nello stesso paragrafo, a proposito della vita indipendente, si recita: si rinvia alle norme programmatiche regionali per l'adozione degli indirizzi per l'erogazione dei finanziamenti dei programmi e degli interventi previsti dalla legge 22 giugno 2016, n. 112 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare).”

  Si richiama l’attenzione sul fatto che il rinvio è alle norme che comprendono la legge sul dopo di noi.

  Tale confusione continua al punto 9 del Considerato che del preambolo della leggee all’articolo 9 comma 4 lettera d).    Cioè, la vita indipendente è subordinata alla legge sul dopo di noi, così che le fondazioni si approprieranno dei fondi per la vita indipendente e ai singoli disabili che vogliono farla davvero non resterà nulla.

  L’articolo 10 sulla vita indipendente resta senza il comma aggiuntivo da noi proposto.    Quindi, non vi è alcuna certezza del finanziamento dell’assistenza personale.    Inoltre, si noti che in tale articolo non si parla di assistenza personale ma di assistenza indiretta”.    Infine, i contributi finalizzati all'assistenza indiretta sono preceduti dalla parola eventuali, a sottolineare l'eccezionalità di questa prestazione.    Si ribadisce che tutto ciò è cosa ben diversa dal garantire il diritto al finanziamento per l’assistenza personale.

  Per l’intima connessione col tema della vita indipendente intesa come vita autodeterminata della persona disabile, qui si nota che – mentre all’art. 40 co. 3 il testo del febbraio 2015 affermava: la Regione prevede il finanziamento di processi formativi, tenuti da persone con disabilità, in favore delle persone con disabilità e dei loro familiari per l’accresci-mento della consapevolezza rispetto alle proprie scelte, – il testo attuale non vi fa alcun cenno.

  Poi, si riporta una sintesi estrema degli altri punti emersi da un confronto tra il testo del febbraio 2015 come uscito dal gruppo di lavoro – e consegnato alla Giunta regionale – e il testo che essa ha consegnato al Consiglio regionale – e che quest’ultimo ha approvato senza sostanziali modifiche.

  La versione del febbraio 2015 comprendeva un titolo sui diritti che è scomparso.

  I due articoli definitori sono scomparsi.

  L'articolo 4 sulle attività informative e di sensibilizzazione è stato molto ridotto e non prevede più le iniziative da svolgersi in ambito scolastico.

  Dagli articoli dedicati all'accertamento delle condizioni di disabilità è sparito quello che stabiliva alcuni princìpi a cui l'accertamento avrebbe dovuto attenersi.

 

 

Conclusioni.

  Con tali cambiamenti, la Giunta e il Consiglio hanno agito in totale spregio dello Statuto della Regione Toscana, che all'articolo 4 riconosce la vita indipendente come unica finalità prioritaria da perseguire a favore di disabili e anziani.

  A nostra memoria, mai il Consiglio regionale della Toscana si era così autoumiliato.  Ciò è uno dei tanti sintomi della perdita di potere e di contatto con la realtà da parte delle istituzioni rappresentative.

  La perdita di contatto con la realtà – da parte delle istituzioni – è ulteriormente confermata dal gravissimo episodio accaduto nella seduta del Consiglio regionale della scorsa settimana.    Dopo che per molte volte – con audizioni, lettere, volantini e proteste – i disabili e la nostra associazione avevano fatto presente la necessità di aumentare le risorse per il contributo vita indipendente, la maggioranza politica del Consiglio ha bocciato un emendamento alla variazione di bilancio che andava in tal senso e indicava le coperture finanziarie.    Cioè, la maggioranza politica ha scelto di non aumentare le risorse per la vita indipendente nonostante che ciò fosse finanziariamente sostenibile.    Non si era mai visto in Consiglio regionale tanto menefreghismo verso i disabili che vogliono vivere liberamente.

  Da quanto fin qui esposto, si ritiene di dare risposta affermativa alla domanda del sottotitolo del convegno.  Sì, l’approvazione di questa legge è stata proprio una occasione mancata”.